Costruttori di alleanze
L’AC e la Chiesa sinodale di papa Francesco

Dal 26 al 28 Agosto presso la Colonia San Giuseppe a Salerno si è tenuto il Campo Unitario organizzato insieme dall’AC di Capua e di Salerno. È stata un’esperienza di grande sintonia e di apertura tra due associazioni diverse, momento di formazione, di riflessione e di preghiera.
Da Capua hanno partecipato 82 persone accompagnate da don Mariano e dal seminarista Nicola Galante. Dopo la preghiera allo Spirito Santo, è stata letta la lettera di padre Jacques Hamel, il sacerdote assassinato nella chiesa di Saint Etienne in Francia. La lettera esortava a fare delle vacanze un periodo non solo di riposo ma anche di incontri, condivisione e convivialità. “Le vacanze ci permettono di fare il pieno di gioia, di amicizia e di ricarica. E allora, meglio equipaggiati, potremo riprendere insieme il cammino”. Si è scelto di leggerla non solo per ricordare e pregare per il sacerdote, ma soprattutto perché i campi estivi dell’AC sono un modo per prendere le distanze dal quotidiano e
formarsi e ricaricarsi in vista del nuovo anno pastorale.
È stato chiarito il significato dell’immagine che ha accompagnato il campo scelta sulla base del numero 235 del Evangelii gaudium: “il tutto è più della parte ed è anche più della loro semplice somma. Bisogna allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi. Il modello a cui ispirarsi non è la sfera ma il poliedro che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità”. Nel poliedro si raccoglie il meglio di ciascuno e come AC vogliamo recuperare questo compito di essere una parte per il tutto e nel tutto vogliamo tenere insieme le varie parti per creare qualcosa di grande e importante. D’altra parte l’unitarietà è il primo fondamentale contributo per il nostro tempo e la nostra Chiesa: alla cultura del nostro tempo, in cui ognuno va da sé, come AC vogliamo insegnare a vivere come popolo che cammina insieme.
Significativo anche il titolo scelto: “Costruttori di alleanze”. Infatti la realtà con cui ci confrontiamo è spesso frammentata e ogni parte e ogni realtà associativa tende a guardare solo se stessa e a non guardarsi intorno. Spesso anche noi contribuiamo a creare questa frammentazione e non intercettiamo lo sguardo delle altre parti.
Nostro compito allora è divenire costruttori di alleanze.
La prima relazione è stata tenuta da don Giosuè Lombardi sulle caratteristiche concrete della Chiesa sinodale invocata da papa Francesco. I due pilastri di questa Chiesa sono il dialogo e l’ascolto. Ascoltare è più che sentire, è un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare: l’uno in ascolto degli altri e tutti in ascolto dello Spirito Santo per conoscere ciò che egli dice alle chiese. Il dialogo è necessario per costruire e camminare insieme: dialogare non è negoziare, ma è cercare il bene comune di tutti.
Il dialogo prevede anche la discussione, ci si può anche arrabbiare, ma insieme si pensa alle soluzioni migliori per tutti.
A volte nel dialogo entra il conflitto: esso non dev’essere né temuto né ignorato, ma accettato e trasformato in un anello di collegamento di un nuovo processo. Per dialogare non è necessario parlare e discutere, il modo migliore è fare qualcosa insieme, costruire insieme, fare progetti non da soli ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà. La Chiesa sinodale è la Chiesa in cui si ha il coraggio di discutere: la discussione è un bene perché dove non c’è la Chiesa è morta. “Solo nei cimiteri non si discute”. La Chiesa sinodale non rincorre la voce delle sirene che chiamano a fare della pastorale una convulsa serie di iniziative, un moltiplicarsi di attività senza attenzione alle persone e al loro incontro con Dio. La Chiesa sinodale ha bisogno di adulti maturi non solo nella fede ma nelle virtù umane, ha bisogno di persone pacificate con se
stesse, il proprio mondo, la propria storia, i propri bisogni. Ha bisogno di uomini di dialogo e di ascolto, di persone di formazione e di discernimento per leggere e interpretare il messaggio di Cristo.
La Chiesa sinodale è quella della tenerezza, che ha il volto lieto di una madre che comprende, accompagna e accarezza. La Chiesa sinodale ha bisogno di vescovi e sacerdoti vicini al popolo di Dio, che abbiano il coraggio di parlare con parresìa, di dire le cose così come stanno, di sacerdoti che vivono la prossimità, che non si indentificano con i ruoli, che siano capaci di far parlare di più le differenze senza mortificarle né emarginarle, ma dando spazio ad una modalità aperta e capace di accogliere le sfide.
Nella seconda relazione, tenuta dal Professore Giuseppe Savagnone, si è parlato di alleanza, valore che nella odierna cultura del provvisorio non esiste più. Oggi i rapporti umani sono una scelta personale, nella Bibbia l’alleanza è costitutiva dell’anima del popolo: il popolo nasce dall’alleanza, dalla relazione con Dio.
L’alleanza è questione di vita o di morte, infatti chi la tradiva meritava di essere tagliato in due come avveniva agli animali che si offrivano durante la cerimonia di stipula del patto. L’alleanza è dono e il dono i
mplica reciprocità, il dono è scambio, è coinvolgimento tra persone, è vincolante. La logica del dono è una logica esodale: è un uscire da sé per scoprire il legame profondo che ci lega a Dio e agli altri. Nell’alleanza si scopre la libertà, si è liberi di donarsi e nel donarsi c’è la realizzazione di se stessi.
Il terzo momento di riflessione è stato curato da padre Ernesto Della Corte, che ha tenuto una lectio sul Cantico dei cantici e sul brano di Giovanni “Le nozze di Cana”.
Il Cantico canta l’amore di due giovani attraverso immagini sponsali: l’amore è alleanza, è dialogo che unisce e porta all’intimità; l’amore è assoluto, totalizzante, è passione che travolge; trasfigura e ha bisogno di esprimersi con parole nuove per dire l’impossibile. È dono reciproco e non possesso, è riverbero e segno dell’amore divino. Il brano delle Nozze di Cana ci presenta Gesù a una festa di matrimonio e, quando la Madre dice che non hanno più vino, si intende che non hanno più alleanza. Gesù la farà di nuovo: l’alleanza diventa con lui un rapporto sponsale, relazione con Dio. Il vino che lui dona è di qualità, è unico, è l’alleanza nuova da lui inaugurata.
Alle relazioni sono seguiti quattro laboratori: alleanza scuola/famiglia, alleanza tra lavoratori, alleanza tra generazioni e alleanza dei laici nel servizio.
Durante i lavori laboratoriali sono stati elaborati dei progetti che possono essere di stimolo e realizzabili da parte delle associazioni parrocchiali. È stato un modo per dare concretezza alle sollecitazioni del campo, per non rimanere nell’astratto, ma per calarsi negli ambiti della nostra testimonianza.
Al concetto di sinodalità abbiamo voluto unire l’immagine della sinfonia e ci hanno aiutato dei professori di musica: Massimo Russo, Espedito De Marino e Gerardo Sapere.
Il maestro Russo ci ha parlato dell’armonia che formano le note e, mescolando brani diversi, ne ha prodotto uno nuovo proprio per dimostrare che anche le identità forti possono riuscire ad armonizzarsi bene. Questa non è semplificazione, è affiatamento.
L’esperimento ci ha aiutato a capire che come laici abbiamo una grande responsabilità: essere fermento di comunione. A noi di AC non interessa essere lo strumento solista o il primo violino, ma vogliamo essere parte di un’orchestra, essere l’amalgama che tiene insieme i pezzi della vita delle persone e delle comunità.
I maestri De Marino e Sapere hanno tenuto un concerto di canzoni classiche napoletane: è stato un modo per dire che come laici prestiamo attenzione alla dimensione globale, ma non perdiamo di vista ciò che è locale, il nostro territorio e il nostro tempo: sono queste le coordinate che ci fanno camminare con i piedi per terra.
Una cosa simpatica di questo campo è stata la realizzazione con i blocchetti di Lego di modellini che rappresentavano concretamente la costruzione di alleanze nei vari campi. Come AC vogliamo pensarci proprio come una scatola di Lego: tanti pezzi diversi con la capacità di collegarsi per qualcosa di più grande e di più bello.
Con i Lego non ci sono incastri predefiniti né un disegno chiuso come avviene nel puzzle, ma il disegno è aperto e ciò richiede intelligenza, creatività, fantasia, progettualità.
L’AC vuole essere una piccola grande scatola di Lego con una potenzialità immensa!
Anna Maria Gammella